venerdì 21 marzo 2008

Risanamento urbanistico o continuità con il passato?

Abbiamo già visto come tutte le criticità del vivere sociale alla Magliana siano riconducibili a precise cause "storiche", a quelli che possiamo tranquillamente definire "vizi d'origine".
Abbiamo anche visto come le amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni siano riuscite in qualche modo a dotare il quartiere dei servizi primari, di un certo arredo urbano e a sanarne l'aspetto igienico: nulla però è stato fatto per risolvere quei "vizi d'origine", o, perlomeno, di renderne sopportabile l'impatto. Un vero e proprio piano urbanistico, indirizzato al cambiamento degli errori commessi negli anni '70 anche con l'acclarata complicità della istituzione capitolina, non è stato mai presentato.
L'unico tentativo di proposta in tal senso, anche se rozza nelle forme e provocatoria nei contenuti, rimane quella fatta nel 1994 all'allora sindaco Rutelli dal Nuovo Comitato di Quartiere della Magliana.
L'occasione per modificare l' attuale assetto del territorio Magliana poteva essere offerta dal Programma di Recupero Urbano (L. 493/93), più comunemento noto come "Art. 11", che con altri 10 quartieri "popolari"riguardava anche il nostro territorio.
Poichè nei molti anni di gestazione del suddetto Piano la partecipazione dei cittadini alle scelte che riguardavano il loro territorio non soltanto non è stata prevista, ma addirittura sconsigliata, il Nuovo Comitato di Quartiere della Magliana, insieme a tutti gli abitanti che rappresenta, non è mai stato ascoltato e mai ha potuto far conoscere proposte e contropoposte sull'argomento.
La popolazione di un territorio che è stata capace di fermare la speculazione edilizia e di salvare dall'edificazione le ultime aree rimaste libere nel quartiere (proprio quelle stesse aree su cui vertono gli interventi del Piano), attraverso lo studio dei meccanismi, delle connivenze e degli interessi che tale speculazione ha generato, non è ritenuta capace di dare giudizi e di avanzare problemi su problemi urbanistici!
Fin dal primo momento questo Comitato fu colpito dal pesante impatto tra i progetti previsti dagli art. 11 ed il quartiere.
Altri 364.000 metri cubi di costruzioni in un territorio così densamente edificato non son sembrati a nessuno una buona idea.
Altre centinaia di abitanti in un territorio così densamente abitato non son sembrate a nessuno una buona idea.
Anche l'aspetto più caratteristico del Piano, quello di chiedere ai proprietari delle aree servizi o verde attrezzato per la comunità in cambio dell'autorizzazione alla edificazione dei loro progetti non è sembrata a nessuno una buona idea. Servizi, spazi attrezzati ed aree a verde dovevano essere date alla Magliana sin dal momento della sua progettazione. Se ciò non fu fatto in passato, quelle aree a ciò successivamente dovevano servire.
Soprattutto quello che negativamente pesò sui primi giudizi dati dal Comitato di Quartiere fu il progetto privato n. 19 degli Art 11. Una struttura di oltre 164.000 metri cubi di costruzioni tra via della Magliana Nuova e la ferrovia, a partire da poco sopra l'incrocio con via Miglioli per arrivare fino a via Newton, con un centro commerciale, un albergo di 70 metri di altezza con annesso centro congressi ed altro. Una struttura che , per essere perfettamente situata nella zona di cerniera tra i costituendi Parco PianDue torri, Parco del Tevere e Parco Valle dei Casali, fu vista come molto ingombrante da un punto ambientale e paesaggistico. Altrettanto negativo ci sembrò l'impatto di una megastruttura commerciale ad alta frequentazione con il territorio sotto l'aspetto della mobilità e i meccanismi della vita sociale.
L'unico punto di un certo interesse presente negli Art. 11 era quello riguardante l'inserimento nel Piano del progetto per Parco Pian Due Torri. A buon vedere, però, anche questo progetto non presenta novità. L'idea del parco era presente in altri precedenti programmi, il finanziamento di 9,5 milioni di euro per la sua realizzazione è ereditato dalla Regione Lazio, nulla arriva come compensazione dai progetti previsti dal Piano per Magliana.
Tale mancanza di novità in tale specifico progetto fu visto successivamente come chiave di lettura dell'intero Programma. Nella relazione che illustra gli obiettivi degli Art. 11 per il nostro quartiere si può leggere:
"I problemi di degrado dell'ambito urbano "Magliana" sono ben noti e derivano principalmente dalle controverse vicende urbanistiche che hanno reso l'area edificabile, con alta densità abitativa (750 ab/ha) e al di sotto della sommità dell'argine (...) In particolare la carenza assoluta di parcheggi ha determinato un permanente sovraffollamento di automobili nelle sedi stradali, con difficoltà di manovra anche per eventuali mezzi di soccorso e nessuno spazio per i pedoni. Assolutamente carente è anche la dotazione di verde pubblico (...) L'ambito urbano "Magliana", infine, risente di una forma ulteriore di emarginazione - prettamente fisica - rispetto alle contigue parti della città, costretto com'è tra la ferrovia ed il Tevere, senza collegamenti viari adeguati. Tale carenza di accessibilità ne ha pregiudicato lo sviluppo economico ed il rinnovamento edilizio".
Quei "vizi d'origine"e le conseguenze che ne conseguono sono quindi ben noti ai tecnici estensori del Programma.
In una altra parte della relazione si può successivamente leggere:
"Inoltre alcune parti del tessuto edificato risultano oggi formate da manufatti a destinazione artigianale e produttivo, in alcuni casi trasformati ad uso commerciale. Si tratta per la grande parte di edifici cresciuti senza un piano urbanistico di attuazione e l'immagine che ne deriva risulta estremamente caotica contribuendo al degrado complessivo del quartiere. Ci si riferisce principalmente al nucleo compreso attorno a via Greve, al nucleo attorno a vicolo Pian Due Torri, al nucleo compreso tra via della Magliana Nuova e via della Magliana, nel tratto fra via Miglioli e via di Villa Bonelli. (...) Demolire il più possibile i manufatti non residenziali esistenti di pessima qualità e realizzare al loro posto aree verdi (Pian Due Torri) o edifici di grande qualità architettonica, capaci di attribuire ricoscibilità al quartiere senza snaturarne la storia e l'identità.
E' questo secondo noi il punto chiave di tutto il Programma. Individuate correttamente le cause che hanno generato i problemi del quartiere e sottolineato, anche questo in maniera molto corretta, le conseguenti criticità da essi derivanti, non si va alla ricerca della soluzione di tali problemi. Si va, invece, ad elencare le aree ancora libere, quelle aree urbanisticamente ancora non definite perchè strappate alla speculazione dalle lotte dei cittadini della Magliana negli anni '70, mai acquisite dal governo della città nel corso dei successivi vent'anni per dotare il territorio di ciò che spettava loro per legge, rimaste in mano ai legittimi proprietari in attesa di tempi migliori.
Ed è su queste aree che il Programma si concentra: l'edificazione è consentita in cambio di un qualche cosa da dare. Questo qualcosa ,che sembrerebbe poter essere dato ai cittadini, è usato in maniera surrettizia. E' il falso scopo per ottenere lo stesso risultato: il completo sfruttamento delle aree.
Il Programma di Recupero Urbano alla Magliana è, quindi, errato o, a voler essere generosi, insufficiente. Non va a cambiare, nè in maniera radicale, nè in modo parziale, nulla nel rapporto
tra territorio e vita dei cittadini, che è l'aspetto principale di tale disciplina. Anzi tale rapporto viene reso ancora pù pesante.
Non vogliamo affermare che si siano saldati di nuovo, in condizioni temporali diverse e con modalità certamente più eleganti, gli interessi privati e le esigenze degli amministratori comunali. Nè tantomeno vogliamo dire che ci si trova di fronte ad una seconda fase ad una seconda fase della stessa operazione speculativa, anche se tutta la vicenda potrebbe farlo pensare. Sicuramente le eterne carenze finanziarie delle casse capitoline, un certo pressappochismo nell'affrontare temi così delicati ed il mancato confronto con le organizzazioni che sul territorio vivono e che del loro territorio tutto sanno, non hanno permesso ai tecnici che hanno redatto il Piano ed alle Istituzioni che l'hanno approvato uno scatto di coraggio per osare di più.

mercoledì 19 marzo 2008

Una faticosa normalità

A partire da quegli anni molte cose sono cambiate. Sotto la spinta della notorietà che il caso Magliana aveva acquistato presso l'opinione pubblica e, soprattutto, per la volontà degli abitanti, che non si fermò al solo aspetto economico, le condizioni della zona, anche se non rapidamente, cominciarono a cambiare.

Fu approntato un sistema di fogne collegandolo a tutti gli edifici. Il fosso di scarico fu interrato e di conseguenza le condizioni igieniche migliorarono. Il Comune di Roma spese circa 20 miliardi di vecchie lire per costruire strade e insfrastrutture primarie. Il quartiere fu dotato di alcuni spazi pubblici, di altre scuole, dei servizi necessari.

Negli ultimi anni, ed in corrispondenza delle due ultime consiliature municipali, i sevizi necessari sono stati potenziati, l'arredo urbano è notevolmente migliorato, tentativi per decongestionare il traffico interno ed esterno al quartiere sono stati fatti con risultati lusinghieri; tutto questo ha reso le condizioni di vita dei suoi abitanti al pari di quelle dei cittadini delle zone limitrofe. La Magliana non è più il mostruoso "ghetto" degli anni '7o.
Alcuni aspetti del quartiere, però, difficilmente potranno essere modificati:

1. la configurazione geografica del territorio;
2. il totale sfruttamento dell'area ad uso abitativo;
3. il mancato reinterro del piano di campagna alla quota dell'argine del Tevere.

Sono questi i "vizi d'origine" che Magliana soffre fin dal suo nascere e che, purtroppo, sono a loro volta la causa di altre spiacevoli conseguenze. Vediamoli uno ad uno:
1. La zona della Magliana non era adatta alla edificazione di un quartiere. Un reinterro di quasi sette metri, che innalzi la quota di campagna fino a quelle dell'argine su di un area di 43 ettari, è un'operazione impossibile. Troppo alto l'onere per le finanze pubbliche, poco redditizio per il progetto speculativo dei costruttori. Da un punto dei vista tecnico il reinterro, a detta di alcuni esperti, sembrerebbe addirittura pericoloso per la stabilità della falda acquifera del fiume con conseguenze non prevedibili. Ma tutti sapevano che il reinterro non si sarebbe mai fatto.

Il territorio della Magliana, inoltre, è stretto tra il Tevere e la ferrovia Roma-Torino: ha soltanto due sbocchi verso l'esterno, uno in direzione nord verso Ponte Marconi, il secondo in direzione sud verso l'EUR. Verso ovest i collegamenti con il quartiere Portuense si riducono a due sottopassi che fanno superare lalinea ferroviaria. L'utilità di questi sue varchi è di scarsissima rilevanza in quanto trattasi di strutture ottocentesche che permettono il transito di una sola autovettura per volta. Utilizzati uno (in via dei Grottoni) con direzione Magliana-Portuense e l'altro (via di Villa Bonelli) con direzione contraria, non permettono il transito commerciale di mezzi di una certa altezza, nè tantomeno di mezzi pubblici.

Tale situazione è causa di altre due pesanti conseguenze:

a. estrema difficoltà della mobilità in entrata ed in uscita nel quartiere
b. la mancanza di poli alternativi d'interesse alla sola via della Magliana.

2. In un tessuto urbano in cui quasi 33.000 persone vivono e lavorano avendo a disposizione spazi non abitativi per appena 15 ettari un conto è presto fatto: se per una improvvisa, quanto improbabile, calamità gli abitanti di Magliana dovessero contemporaneamente lasciare le loro case e rifugiarsi in strada, troverebbero a loro disposizione uno spazio di 46 centimetri quadrati per ognuno di loro. E questo spazio non tiene conto di quello occupato da autovetture parcheggiate, nè dall'arredo urbano.

Abbiamo voluto inserire questo rapporto tra cittadini e spazio pubblico proprio per meglio far capire la difficoltà del vivere alla Magliana. Queste difficoltà sono, a loro volta, causa di altre situazioni critiche:

a. assoluta mancanza di parcheggi per le autovetture;

b. una difficilissima mobilità interna al quartiere;

c. una conseguente precarietà dei servizi primari e di soccorso.

3. L'argine del Tevere, oltre ad essere la causa di un illecito aumento delle volumetrie edificate ed un aumento degli abitanti, è un'ostacolo vero e proprio sul tutto il lato ovest del quartiere. Tutte le vie che vanno verso quella direzione sono in pratica strade chiuse. Di conseguenza via della Magliana calamita ogni interesse ed ogni sviluppo: gli esercizi commerciali, le banche e la nascente zona di locali d'intrattenimento sono solo su quella direttrice. Le zone interne, specialmente quelle racchiuse lungo la linea viale Vicopisano, via Lari, via Pian Due Torri e l'argine del fiume, conoscono da tempo un progressivo, quanto inarrestabile impoverimento commerciale e sociale.
Questo ultimo aspetto è successiva causa di altre criticità:


a. degrado sociale di una parte del quartiere;

b. mancato sfruttamento delle risorse offerte dal fiume Tevere.
Appare chiaro, quindi, come alla Magliana non servano semplici e settoriali modifiche, ma un vero e proprio intervento urbanistico complessivo.










Nascita di un quartiere 2

Il capitolo decisivo per lo sfruttamento speculativo della Magliana arriva con il nuovo Piano Regolatore Generale di Roma del 1954. In quel Piano vengono accettati tutti i Piani Particolareggiati di attuazione del 1931. l'area della Magliana era ancora inedificata, ma vengono accettate condizioni in netto contrasto con i vincoli fissati da suddetto Piano. La densità massima prevista di 400 abitanti per ettaro passa a 600. La dotazione di spazi da destinare a servizi dai 36 ettari necessari per quartieri con più di 10.000 abitanti si riducono a 2,6. Soprattutto tutti gli oneri di urbanizzazione sono a carico dell'Amministrazione Comunale. Solo alla Magliana il costo dei servizi e delle insfrastrutture primarie, in base a prezzi del 1974, supererà i 2o miliardi di vecchie lire.
Gli anni che vanno dal 1965 al 1975 sono quelli della reale edificazione del quartiere. Protagoniste principale di ciò sono delle Società Immobiliari riconducibili al Gruppo Condotte. Contando su ingenti finanziamenti concessi da BNL, nel giro di soli quattro anni (1965 - 1969) vengono ottenute licenze per la realizzazione di circa due milioni e mezzo di metri cubi di costruzioni. Innescata la speculazione tutti i "palazzinari" operanti in città vengono attirati dall'operazione. Nel 1975 l'area è quasi del tutto edificata. In dieci anni sono stati realizzati oltre 3 milioni di metri cubi, 78oo alloggi per oltre 32.000 abitanti.
Tale volumetria supera del 30% quella già elevata consentita dalle vecchie previsioni della 123. La superficie totale del quartiere ( 43 ettari ) è destinato per un terzo ( 13,3 ) a strade, quasi tutto il resto ( 29,6 ) ad edificazione, solo mezzo ettaro è destinato a verde.
Nonostante il massiccio sfruttamento dell'area, gli speculatori sono riusciti nell'impresa di superare l'altezza massima consentita, costruendo due piani in più. In basso! Il meccanismo fu di certo ingegnoso. Sfruttando quella prescrizione del reinterro, di cui sopra abbiamo detto, l'altezza massima degli edifici è stata misurata, con l'assenso del Comune di Roma, a partire dalla quota dell'argine, che è di quasi sette metri più alto del piano di campagna. In questo modo si sono realizzati, sotto la quota, due piani in più di quelli consentiti, e questi sono stati destinati ad abitazioni e negozi. Il Comune si è limitato a chiedere ai costruttori un generico impegno a reinterrare i piani in più, una volta eseguito il reinterro delle aree pubbliche. Tutte e due le parti sapevano fin da allora che ciò non sarebbe mai avvenuto.
Alla fine del 1975 la popolazione del quartiere assomma a 31.671 abitanti. Il rapporto abitanti/stanza è di1,3, contro un rapporto medio della città dello 0,96.
Gran parte degli alloggi, a causa dell'alta densità e delle tipologie edilizie, è totalmente priva di insolazione e areazione; circa il 58% degli alloggi non ha altro sbocco esterno che un cortile, largo in media 15 metri. Il 25% delle stanze di abitazione si affaccia su chiostrine interne.
La carenza di spazi pubblici attrezzati per il tempo libero è totale, così come è totale la mancanza di spazi a verde. Le scuole soddisfano meno del 30% del fabbisogno e si arriva in quegli anni al triplo turno. Gravissime le condizioni igieniche. Gli scarichi degli edifici finiscono nelle fosse biologiche e in un fosso scoperto che attraversa il quartiere. La mancanza di reti di scarico provoca il permanente ristagno delle acque piovane. L'umidità è perenne in una zona già svantaggiata sotto questo aspetto per essere a ridosso del Tevere.
L'ultimo lato da chiarire dell' "affare Magliana", importante per meglio comprendere gli ulteriori sviluppi della vicenda, è quello dell'affidamento della gestione del patrimonio immobiliare realizzato. Gli enti previdenziali ed assicurativi, a garanzia dei loro fondi, sono ben disposti ad acquistare gli edifici di Magliana. Tali enti speculano sull'aumento di valore che normalmente si realizza nel mercato edilizio. Soprattutto, però, si punta a un risultato ben maggiore: l'aumento di valore che scaturisce dall'aver investito su fabbricati a basso costo a causa di un quartiere senza insfrastrutture e servizi e la possibilità di rivendere con notevoli ricavi, una volta che ciò sarà fornito dal capitale pubblico.
Tale operazione doveva essere condotta con la massima fretta. Dopo che tutti avranno realizzato abbondanti rendite e ingenti profitti, tutti sarebbero usciti di scena senza aver lasciato traccia di sè. Sarebbe rimasto solo un mostruoso agglomerato di edifici intensivi, un quartiere "ghetto" con condizioni di vita poco sopra descritte: la Magliana.
Così non è stato. La rivolta degli abitanti contro il caro affitti, contro le inumane condizioni di vita e la paziente ricerca dei responsabili di tutto ciò fece fallire il piano ed arrestò la speculazione.
Ma questa è un'altra storia.

martedì 18 marzo 2008

Nascita di un quartiere 1

Il quartiere della Magliana nasce tra la fine del 1969 e l'inizio del 1970 ed è il frutto di una pasante speculazione edilizia. Non è la più grande operazione del genere in quegli anni a Roma. In una città che vedeva, e che vede ancora, l'edilizia tra i settori più importanti della sua economia, esempi speculativi ben più grandi non erano di certo infrequenti.
La speculazione edilizia alla Magliana è stata quella più conosciuta, quella più studiata e discussa, quella più seguita dai mezzi di comunicazione nazionali ed esteri. Questo per una ragione fondamentale; gli abitanti del quartiere, sin dalle loro prime assemblee, iniziarono la lotta contro i costruttori delle case in cui abitavano non solo perchè non ce la facevano ad affrontare affitti troppo alti rispetto ai loro salari, ma anche perchè alcuni di loro, che come operai edili avevano lavorato nei cantieri di Magliana, parlarono subito di irregolarità, di abusività, di mancate sicurezze.
A Roma si erano già verificati episodi di lotta per la casa, ma in nessuna occasione, come alla Magliana, tale momento di opposizione e accompagnato da una "controinformazione" così precisa ed attendibile da portare alla luce tutti i meccanismi con cui tale speculazione era stata prima ideata e dopo realizzata.
L'edificazione di un quartiere nella zona Magliana, un'idea partita nel dopoguerra con il beneplacito di amministrazioni comunali di centrodestra prima e centrosinistra successivamente è la realizzazione di un progetto iniziato negli anni del periodo fascista. Infatti con la decisione nel 1950 di prolungare la via Cristoforo Colombo fino al mare, si rimettono in moto quelle iniziative avviate per l'Esposizione nel 1942. La zona Magliana resta allora l'ultima area completamente disponibile tra quelle che vengono valorizzate dalla ripresa dell'espansione di Roma verso il mare. L'area in questione ha, inoltre, due caratteristiche che sono fondamentali alla riuscita dell'operazione: appartengono per intero, insieme a gran parte della collina sovrastante, ad un solo proprietario, il conte Tournon, e si trova fuori dai confini del Piano Regolatore del 1931.
L'importanza della prima caratteristica è ovvia per quanto riguarda la forza di pressione che poteva essere esercitata e la capacità di controllo sull'interea operazione. Gli aspetti della seconda, che a prima vista poteva sembrare una difficoltà, saranno brillantemente superate dal Comune di Roma.
Infatti nel 1949 gli Uffici capitolini si rivolgono al Ministero dei lavori Pubblici, retto all'epoca da Tupini, per sapere se l'area potesse essere compresa o meno nel Piano Regolatore. Questa la sollecita risposta del Ministero:
"In relazione alla nota suindicata si fa presente che la zona indicata nella unita planimetria con tratteggio color turchino, sebbene non sia colorata con i simboli delle destinazioni edilizie, deve ritenersi compresa entro il perimetro del vigente Piano Regolatore della città".
Ottenuta questa insolita autorizzazione dai Lavori pubblici, la redazione di un Piano Particolareggiato per l'edificazione dell'area Magliana (circa 70 ettari per 40.000 abitanti) non impegna molto i tecnici comunali. Il 24 gennaio 1950, con una relazione di solo due cartelle, viene presentato sempre al Ministero del Lavori pubblici per l'approvazione il Piano Particolareggiato n.123.
Il decreto ministeriale di approvazione non è di certopiù impegnativo della relazione, ma contiene alcune considerazioni che lucidamente prefigurano i risultati finali dell'operazione speculativa. Nella relazione viene infatti affermato che il Piano n.123:
"...appare rispondente alle esigenze di una composizione di un nuovo quartiere e opportunamente armonizzato con il carattere topografico e paesistico della località...".
Si prescrive allora di ridurre l'alt ezza massima degli edifici da 25 metri a 22:
"...onde non sia preclusa la vista della retrostante zona collinare."
Tale prescrizione sembrerebbe scombinare i progetti degli speculatori e dei loro alleati. Con questa prescrizione, invece, ha inizio quella operazione, cosiddetta del reinterro, che permetterà la realizazione di volumi edificati superiori a quelli, già molto alti, previsti dal Piano n.123. Infatti, nell'accogliere le modifiche imposte dal decreto ministeriale, il Comune di Roma introduce anche:
"...il sensibile rialzamento della quota di un tratto di via della Magliana, in modo .... da facilitare ed assicurare il deflusso delle acque di rifiuto, prodotte dalle future abitazioni, in ogni stato di piena del Tevere e del collettore di destra".
Il rialzamento della quota viene esteso a tutta la zona compresa tra via della Magliana ed il Tevere. La quota dovrà essere uguale a quella dell'argine del fiume.
Nessun cenno di tale previsione era presente nella relazione che accompagnava il Piano presentato dal Comune di Roma, nè nel decreto di approvazione da parte del Ministero. Appare molto chiaro, quindi, come il rialzamento delle quote sia stato utilizzato per consentire l'indiscriminato incremento delle altezze dei fabbricati.
(continua)